Lago Velino (Lacus Velinus)
Era il più grande tra gli antichi laghi del Lazio. Era presente fin dall’era pleistocenica, quando il vasto Golfo Sabino che si affacciava sul Tirreno si chiuse originando il lago.
Questo occupava l’intero territorio dell’attuale piana di Rieti, arrivando fino a Cascata delle Marmore (cioè in territorio umbro).
Dai vari studi condotti sulla sua origine si deduce che le sue vicende sono direttamente connesse con quelle oroidrografiche dei fiumi Nera e Velino e con la cascata delle Marmore.
Si possono individuare infatti due fasi ben distinte del lago: quella preistorica e quella storica. Per quanto riguarda la prima possiamo dire che l’evento che portò alla formazione del bacino del lago fu la graduale differenziazione di livello tra il Velino e il Nera.
Infatti le acque del Velino, ricche di bicarbonato di calcio, con forte azione incrostante quindi, fecero sì che alla confluenza dei due fiumi si formasse un poderoso blocco di travertino che fece da diga causando l’allagamento graduale delle pianura circostante.
Questo fu anche possibile grazie al fatto che il Nera invece mantenne un’azione erosiva nei confronti della valle in cui scorreva.
La Cascata delle Marmore esisteva solo come una serie di piccole cascatelle che facevano defluire una minima quantità d’acqua nella valle sottostante, finché in un imprecisato momento il Velino si aprì un varco maggiore facendo svuotare parzialmente il lago.
Il lago rimase così fino all’intervento del console romano Manlio Curio Dentato che fece scavare un canale, la cosiddetta Cava Curiana, per liberare la pianura dalle acque stagnanti convogliando la acque nel Nera. Il lago storico rimase così frazionato in una serie di bacini minori in corrispondenza delle aree maggiormente depresse, che corrispondono ai laghi della piana reatina attuale.
Ma il lago nei secoli ebbe ulteriori sussulti, quasi a ribellarsi all’azione dell’uomo.
Il fiume Velino infatti, con le sue acque incrostanti finì col tempo per ostruire la Cava Curiana trasformando le terre emerse in un insieme di paludi e stagni.
Furono inutili i tentativi che nei vari secoli si susseguirono per regolare la portata delle acque del fiume Velino ed evitare le periodiche inondazioni portatrici di malaria.
Tra il 1422 e il 1601 furono scavati vari canali per ovviare al problema, alcuni dei quali portano nomi di architetti famosi come Antonio de Sangallo, progettista della Cava Paolina poi restaurata, con la Cava Reatina e Domenico Fontana autore della Cava Clementina realizzata nel 1601.
Proprio la Cava Clementina risolse il problema, data la sua pendenza face sì che le acque avessero una velocità di più di 2 metri al secondo rendendo impossibile qualsiasi fenomeno di sedimentazione. Ora del maestoso lago Velino non restano che i frammenti dei laghi di Rieti, a cui si aggiunge quello ben più famoso e significativo dal punto di vista turistico di Piediluco che però si trova in territorio umbro.
Anche altri laghetti a dire la verità si trovano nella zona, ma con il passare del tempo sono tutti scomparsi; nomi come quello del laghetto della Volta sono destinati via via a uscire di scena senza lasciare tracce significative quasi a ricordare una volta ancora di come siano transitorie le cose di questo mondo anche per noi uomini.